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Ai confini del mondo, lontano da tutto, una famiglia tranquilla si è trasferita in un grazioso casoosce, non rassicurano di certo il bambino, però gli permettono di prendere una certa distanza rispetto a quelle situazioni. Il bambino è attento e cerca dei punti di confronto con i turbamenti quotidiani che l’opprimono. Sì, mi interessa tantissimo ricercare la realtà e utilizzarla in modo utile. Mi sembra di star facendo un’opera educativa.
_Definire la voce dei personaggi è importante per la loro creazione?
Sì, perché sono loro che raccordano il film alla realtà. Aiutano gli animatori a trovare i gesti e le espressioni giuste. Ma a volte capita anche che pensando a una voce, quindi a un attore, riesco a meglio definire il personaggio. Gli attori mi parlano in segreto… Per esempio, non riuscivo a togliermi dalla testa la personalità di Michel Galabru mentre scrivevo i dialoghi di uno degli elefanti del film. Quando ho dovuto scegliere gli interpreti, è stata una gioia poter associare Michel. L’umorismo, la truculenza, il gioco, la musicalità immaginata da tanto tempo, tutto era lì, fantastico! Michel Piccoli, ha dato la voce al patriarca, Anouk Grinberg, sconvolgente, Jacques Higelin, il vecchio leone diplomatico, Romain Bouteill, il lupo scorbutico, Manuela Gourari, la perfetta tontolona, Luis Rego, il dolce pazzo, Laurentine Milebo, la mama affettuosa, Jacques Ramade, il porcellino convulsivo, e ancora Annie Girardot, Liliane Rovere, Pef dei Robins des Bois, Bernard Bouillon.… mi hanno tutti dato una soddisfazione enorme nel concretizzare il film, con una precisione maniacale, senza mai frenare la mia immaginazione. Ricordo anche la partecipazione di due bambini che dall’alto dei loro nove e dieci anni, grazie a una concentrazione e a un lavoro enormi, sono stati gli interpreti perfetti dei ruoli principali.
_Di che genere è la sua collaborazione con il compositore Serge Besset ?
Lavoro con Serge da venticinque anni, è importante! Ho molta stima e affetto per questo ragazzo un po' “sui genersis” nella vita e nel lavoro. Non è sempre facile seguirlo, ma col tempo ho imparato. Oggi, ci capiamo quasi al volo. Per “La profezia delle rane” abbiamo programmato il lavoro di composizione in tre fasi. La prima mentre scrivevamo la sceneggiatura: in questa fase Serge ha immaginato liberamente un certo numero di temi musicali. La seconda durante la fabbricazione delle immagini, abbiamo esaminato insieme con attenzione ogni pezzo, ogni tempo, ogni colore, per trovare il modo migliore di inserirla nella storia. In un terzo tempo, Serge ha portato a termine le composizioni a partire dal film montato, prima di passare alla registrazione definitiva dell’orchestra. Per quanto mi riguarda, ho scritto e composto alcune canzoni per Michel Piccoli. Che io sappia era la prima volta che l’attore si cimentava nella canzonetta.
_Lei stesso ha insistito perché alcuni strumenti fossero presenti?
La musica sinfonica mi fa provare sentimenti forti. I violini suscitano in me una vera propria reazione fisica, gli ottoni mi trafiggono, il fagotto mi fa piangere… Per spezzare la meccanica troppo classica dell’orchestra ho in effetti chiesto a Serge d’introdurre quattro strumenti antichi: una ghironda a ruota, dei pipa, un sitar indiano e un “duduk”, una specie di oboe usato dagli Armeni e dai Turchi. Serge ha saputo integrare a meraviglia questi strumenti e la nostra idea di dare alla musica del film un’aria planetaria è riuscita. Quello che apprezzo di Serge è che mette veramente la sua musica al servizio del film. La sua musica è sempre presente, al posto giusto senza forzature, a volte prende le cose in contropiede, di sorpresa, in modo inaspettato. Fa parte dei ruoli principali.
_Quanto ci è voluto per realizzare il film?
La produzione è iniziata nel 1998, il secolo scorso. Un milione di disegni, ce ne vuole di tempo! Nel migliore dei casi, il film è andato avanti di otto, dieci secondi al giorno. Nonostante la squadra fosse composta da duecento persone e fosse dotata di adeguati mezzi tecnici, la dimensione tempo è stata pesante: in totale, un’avventura e un cantiere di sei anni, senza interruzioni.
_Oggi è facile fare un film interamente in Francia ?
Questo è il miracolo della Folimage! La sua grande forza è quella di avere uno degli ultimi studio completi in Europa. Mai uno studio francese si era lanciato in un’impresa simile da “Le roi et l’oiseau” di Paul Grimault, vent’anni fa. Folimage ha raccolto la sfida con una squadra affiatata e appassionata, riunita sotto lo stesso tetto, condizione indispensabile per esercitare un controllo artistico totale del film....

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