“Fahrenheit 9/11” è il nuovo film di Michael Moore. Dopo aver vinto l'Oscar e sbancato i botteghinilm è una nuova rivelazione al popolo americano di come questa truffa sia stata perpetrata ai loro danni. La buona cosa degli americani è che una volta scoperta la verità agiscono di conseguenza e correttamente. E’ sempre difficile fargli arrivare l’informazione. Se i freelance che io ho usato sono stati capaci con le nostre limitate risorse di raccogliere le testimonianze sul campo che avete visto, vi dovete porre la questione di cosa siano facendo i media americani che sono lì tutti i giorni. Quanti network? Con quanti milioni di dollari investiti? E perché non abbiamo visto nulla di questo?
Voi avete visto questa mattina le prime scene di abusi e umiliazioni di detenuti iracheni ripresi da una troupe americana. Non avete visto video delle torture in carcere, solo fotografie e solo di ciò che è avvenuto all’interno delle carceri. Non avete visto scene riprese fuori dalle prigioni. Voi siete i primi a vederle. E’ una vergogna che ci sia voluto tanto tempo e che ci abbia dovuto pensare questo film. Gli americani non amano che gli si nasconda la realtà dei fatti e io credo che questo film strapperà il velo di omertà: Il popolo americano potrà finalmente vedere cosa sta veramente accadendo in Iraq - sarà scioccato e risponderà di conseguenza.
_Tony Blair se la cava con poco nel film. Crede che la coalizione dovrebbe ritirarsi dall’Iraq.
Sì, è vero, Tony Blair se la cava con poco. Sono un americano, sono interessato a risolvere il problema e il problema è alla Casa Bianca, non al numero 10 di Downing Street. Quello che mi deprime è che Tony Blair sa benissimo che è meglio non avere certe frequentazioni. Che ci fa, lui, con un tipo come Bush. E’ la coppia più strana che conosca.
Ricordate la volta che Blair è venuto a Camp David e si è fermato a dormire. La mattina dopo, durante la conferenza stampa ognuno era davanti al suo podio, quando Bush sporgendosi verso il microfono di Blair dice:
“Usiamo lo stesso dentifricio”.
Blair era chiaramente imbarazzato… Gesù, quello era il primo indizio. Capisco che gli mancasse il suo vecchio amicone Bill Clinton, ma accontentarsi di quest’altro… Mio Dio, inglesi in sala, non siete imbarazzati?
Per quanto riguarda la coalizione dei volenterosi, devono smettere di essere così volenterosi e gli USA devono andarsene dall’Iraq. Bisogna sostituire l’attuale governo con esponenti più graditi agli Iraqeni, che sappiano aiutarli a ricostruire il loro paese meglio di come, mi dispiace dirlo, abbiano fatto gli USA.
_Nel film mostra soldati americani mentre infieriscono sul corpo di un iracheno.
Devo correggerla. Non era morto, era un anziano ubriaco che aveva avuto un’erezione sotto la coperta che lo copriva. I soldati lo deridevano.
_Cosa pensa delle torture e del caso Nicholas Burg. Si dovrebbero mostrare le immagini di fatti così atroci?
Penso che gli americani abbiamo il diritto di vedere come vengono spesi i soldi delle loro tasse. Per quanto riguarda Nicholas Burg è molto triste e tragico. Sono molto arrabbiato per come il governo lo ha tradito e credo che altri dettagli su questo caso verranno alla luce. Garantisco che seguirò personalmente il caso per portarlo all’attenzione del pubblico. Miramax mi ha dato i fondi e la facoltà di poter aggiornare il film fino all’ultimo, fino alla data di uscita. Potrei scegliere di farlo, ma in questo momento penso che il film sia completo così com’è. Lo farei solo se succedesse qualcosa di veramente clamoroso.
_Mi può spiegare come pensa di convincere i neri americani, esclusi dal voto con i brogli elettorali da lei denunciati, a venire a vedere il suo film.
I miei film vengono proiettati nei multiplex e quindi ho la fortuna di poterli mostrare ad un pubblico che normalmente non vede documentari. Il 70% del pubblico che ha visto “Bowling a Columbine” non aveva mai visto un documentario al cinema.
_George W. Bush ha parlato di mancanza di carattere nelle truppe americane. Cosa mi dice a questo proposito.
Questo è un altro esempio di come George W. Bush non sostiene le nostre truppe. In effetti lui disprezza i nostri soldati: solo una persona che non tiene in conto i giovani potrebbe mandarli in guerra a morire sulla base di una bugia. Lui ha esposto al pericolo le nostre truppe per riempirsi le tasche, lui e i suoi compari. Come può dire che i soldati mancano di carattere. Lui, Dick Chaney e Donald Rumfeld mancano di carattere e, come dice il proverbio: “Il pesce marcisce dalla testa in giù”. Non mi meraviglia quindi che in Iraq si torturi nelle carceri e le truppe si comportino come vedete nel film.
Come ho già detto nel film: “Immoralità genera immoralità.” Questa non è una nobile missione per liberare della gente, o prevenire un olocausto. Questo è un disgustoso tentativo da parte loro e tutto quello che possiamo dire è: “Grazie al cielo sono stati smascherati così presto.” Se vi ricordate, con il Vietnam ci sono voluti anni prima che fossero sbugiardati, adesso ci sono voluti solo alcuni mesi. Così sono ottimista che si possa trovare una via per uscire da questa situazione.
_Se il film non trovasse una distribuzione prima delle elezioni, sarebbe disposto metterlo in rete, anche se significasse perdere degli incassi?
Questo film sarà visto negli USA prima delle elezioni. Non abbiate timore. Non c’è distribuzione oggi, ma ci sarà presto. Sono sicuro che Miramax farà in modo che gli americani vedano questo film.
_Secondo lei, la rielezione di George W. Bush è un pericolo per la democrazia americana?
Lei intende la possibile elezione, non rielezione. Bisogna essere eletti una prima volta per poter essere rieletti.
_Uno dei parallelismi tra “Bowling a Columbine” e quest’ultimo film è l’uso strumentale della paura per convincere gli elettori ad accettare trasgressioni ai principi democratici. Può elaborare il concetto?
Questo film è la continuazione di un’idea che avevo già elaborato in “Bowling a Columbine” e che ho sviscerato ulteriormente. In “Bowling a Columbine” parlo della cultura della paura e la sua manifestazione su un piano individuale. Le persone sono manipolate con informazioni sbagliate, immagini sulla TV che gli dicono di avere paura, specialmente su base razziale. Paure individuali che sfociano nell’azione individuale di comprare un fucile.
In “Fahrenheit 9/11” volevo trattare la paura di massa e l’isteria collettiva sfruttata da chi è al potere per distogliere la popolazione dalle questioni importanti e assicurarsi l’appoggio politico. L’amministrazione Bush non sarebbe mai riuscita a far approvare la guerra in Iraq se non avesse spaventato il popolo americano nel credere che Saddam Hussein avesse avuto qualcosa a che fare con l’attentato alle Torri Gemelle. Ci sono riusciti: come sapete i sondaggi davano il coinvolgimento di Saddam con al Qaeda al 70% . Sono molti bravi. Voglio mostrare agli americani l’altra faccia della medaglia, come sono stati manipolati, con l’uso di massime allerte, allarmi arancioni e quant’altro, nel credere che si possa essere attaccati e uccisi in ogni momento.
E’ l’essenza di ciò che George Orwel diceva in “1984”: tenendo la popolazione in costante tensione con la convinzione che il nemico fosse ovunque, pronto ad attaccare in ogni momento, il Grande Fratello convinceva il popolo a rinunciare volontariamente alla propria libertà pur di essere protetto.
Questo è quello che hanno tentato di fare negli ultimi due anni e mezzo. Vorrei che gli americani ci ragionassero sopra, riconsiderando come vengono manipolati e quali sono le cose che dovrebbero veramente temere. Questo non significa che non ci sia una reale minaccia terroristica, che non ci siano terroristi lì fuori e che non ci saranno altri attentati nel futuro.
Ma, miei cari compatrioti americani, sarà meglio che vi diate una regolata! Questo è un mondo pericoloso, è sempre stato un mondo pericoloso. Bisogna fare i passi necessari per renderlo il più sicuro possibile, ma toglierci da soli la nostra libertà equivale a fare il gioco dei terroristi. Sono sicuramente felici che noi stessi stiamo facendo il lavoro per loro. Che senso ha comportarsi così? Nessuno!
Spero che questo film possa far ragionare la gente. Mi rendo conto che c’è molto umorismo e sarcasmo e spero che questo abbia un qualche impatto sull’opinione pubblica americana.
_Icon Entertainment e il portavoce di Mel Gibson dicono di non aver mai ricevuto una telefonata della Casa Bianca. Chi dice la verità?
Io credo che il mio agente sta dicendo la verità. Dovrebbe parlargli e lui le spiegherebbe tutto Era la Pasqua ebraica dello scoro anno, era in ritiro e ha ricevuto una chiamata da Bruce (Bruce Davy, amministratore della Icon, n.d.r.) che gli chiedeva di rescindere il contratto e dato che Harvey (Harvey Weinstein, n.d.r.), di Miramax era interessato, lo ha chiamato per chiedergli se voleva rilevare il film. Harvey ha detto di sì. Sò il giorno e l’ora della chiamata. Certamente io non frequento Mel Gibson, ma mi piacerebbe chiedergli perché dopo aver firmato questo contratto e averlo pubblicizzato su Variety, dopo appena due settimane dall’inizio delle riprese, improvvisamente dalla Icon chiamano nel panico il mio agente per mollare tutto. Cos’è successo? Vorrei che un giornalista ponesse a Icon questa domanda.
_L’abbiamo fatto.
E cosa hanno detto?
_Che non erano interessati al film
Ma come potevano non essere interessati se avevano firmato un contratto dopo tre mesi di trattativa. Capisce cosa sto dicendo? Non è che noi siamo andati ad offrirgli di produrre il film e loro hanno risposto che non erano interessati. Noi stavamo facendo un film prodotto da Icon, i finanziamenti per realizzarlo erano già regolarmente versati da due settimane e improvvisamente:
“Dobbiamo mollare, questa sera”.
Se io fossi un giornalista vorrei una spiegazione più convincente di questa:
“Non eravamo interessati al film. Non so perché abbiamo fatto quella conferenza stampa annunciando il film, eravamo così felici. Siamo andati alla festa di Michael (Moore, n.d.r.) per l’Oscar, eravamo così orgogliosi e ci volevamo così bene. Stavamo in cima al Belle Age Hotel con lui, puoi domandarglielo.”
Su, spingete, non fermatevi, fate il vostro lavoro, chiedete spiegazioni.
_Sa chi lo ha chiamato dalla Casa Bianca?
Non lo sappiamo. Mel deve dirci chi ha chiamato.
Guardi, io credo che, con il dovuto rispetto per Mel Gibson, Icon sia una vittima in questa storia, perché apparentemente sono stati costretti ad abbandonare un film che stavano già realizzando. Icon ha distribuito “Bowling a Columbine” in Australia e in Nuova Zelanda realizzando incassi record. Felici per aver fatto un sacco di soldi con “Bowling a Colombine” sono stati loro a venire da noi e dirci:
“Vogliamo fare il prossimo film di Michael Moore, qualsiasi film.”
“Ecco il film che vogliamo fare, ecco il soggetto,” gli abbiamo risposto.
“Grande!” hanno esclamato.
Avvocati e agenti iniziano a negoziare. Loro sono contenti e noi pure. A un certo punto durante le trattative io sollevo la questione:
“Qualcuno ha fatto leggere il soggetto a Mel?”
“Lui sta girando in Italia un film su un certo… Gesù”, mi hanno risposto. “E’ un piccola somma di denaro, siamo abituati a grandi investimenti, non disturbiamo Mel per accordi minori.”
Così abbiamo firmato il contratto e stavamo realizzando il film.
Improvvisamente… non stavamo più facendo il film.
Vedete, il problema è che R. Immanuel, che in questa storia è un po’ un eroe, ha infranto il codice degli agenti che vieta di rivelare i retroscena delle trattative. Ha dichiarato pubblicamente, due settimane fa sul New York Times, cosa gli era stato detto. Di solito il pubblico non deve sapere i retroscena ed è raro che un agente abbia il coraggio di esporsi in prima persona.
_Perché i network americani non mostrano le immagini di bambini iracheni uccisi, o i soldati americani feriti.
Di nuovo, dovreste domandarlo a NBC, CBS, ABC, CNN, FOX News, MS NBC. Non è una domanda per me. Perché non fanno il loro lavoro e perché gli americani che vedranno questo film vedranno cose che non hanno visto prima?
_La Disney ha censurato alcune passaggi del film? Qualcuno ha detto che lei ha dovuto chiudere alcuni forum sul suo sito internet. E’ vero?
Io non ho un forum sul mio sito. La Disney non ha censurato il film, ha semplicemente scelto di non distribuirlo, dopo averlo prodotto. Durante la realizzazione nessuno dalla Disney è venuto a dirci di tagliare o censurare una scena del film.
_Cosa pensa della caduta del governo Aznar in Spagna?
Come tutti sono stato molto triste per tutte le persone che hanno perso la vita a Madrid. Dobbiamo imparare a combattere il terrorismo con mezzi più efficaci. Sono felice che la Spagna abbia deciso di uscire dalla coalizione. Altri paesi oltre la Spagna, come il Canada, la Francia e la Germania stanno cercando di dire agli Stati Uniti che questa guerra è sbagliata. Come ho già detto alla cerimonia dei César lo scorso anno, la Francia e la Germania sono amiche degli Stati Uniti, specialmente i Francesi che sono nostri amici da duecento anni. Se non fosse per l’illuminismo francese non ci sarebbero gli Stati Uniti. Le critiche dagli amici più vicini e fedeli sono quelle che bisogna ascoltare. I francesi stanno cercando di dirci la verità sulla follia di questa guerra e dobbiamo essergli grati invece di boicottarli o trattarli in modo imbarazzate. Specialmente quando è dimostrato che loro hanno ragione e noi torto.
_A differenza dei precedenti, in questo film la si vede molto meno nelle inquadrature. E’ perché non voleva rubare la scena a Bush, o perché sta rivedendo lo stile dei suoi documentari?
In questo caso il materiale era già abbastanza forte. Credo che sullo schermo meno mi si veda e meglio è, questo in linea di principio. Mi si vede meno e credo che questo sia più piacevole per lo sguardo, ma si sente la mia voce, si percepisce il mio modo di pensare, il mio senso dell’umorismo. Questo era come volevo fare questo film ma, ha ragione, è differente dai film precedenti.
_Nel film la questione delle armi di distruzione di massa è accennata solo brevemente. Questo perché pensa che ormai sia una questione ampiamente dibattuta?
Molti americani adesso sanno che le armi di distruzione di massa non esistono e che l’amministrazione Bush ha mentito per giustificare la guerra. Non ho creduto, quindi, necessario ritornare sull’argomento. Nei miei film voglio parlare di cose che non si sanno e non ripetere un concetto già elaborato. Sarebbe troppo noioso.
_Cosa risponde a quanti sostengono che, giusta o sbagliata, questa guerra ci ha almeno liberato di Saddan Hussein?
Credo che la storia ci giudicherà se abbiamo fatto bene o male, alla fine. Il problema è che la libertà deve nascere dal popolo, deve essere un processo organico. Non si può dare la libertà e la democrazia con un fucile, non funziona.
Se ci pensate ci sono vari modi per ottenere la libertà: si può fare una rivoluzione, come abbiamo fatto noi e i francesi; si può fare con un movimento morale sostenuto da tutto il mondo, come in Sudafrica; si può fare della non violenza un’arma di liberazione, come Gandhi; o fare come i canadesi che hanno aspettato pazientemente finché gli inglesi non se ne sono andati da soli. Ci sono molti modi, ma non quello scelto dalla coalizione. Non c’è stata una vera resistenza, gli iracheni non hanno chiesto a gran voce alla comunità internazionale o agli americani di venire a salvarli.
Siamo andati in Iraq senza pensare alle conseguenze, senza pianificazione, senza considerazioni su come uscirne e adesso è un totale disastro. Ricevo molte mail di elettori repubblicani che non voteranno più per Bush. Ha offeso così tante persone che la maggioranza non tollererà ancora e, anche se Bush preso Saddam, questo non può pareggiare i conti e certamente non risolve i problemi degli iracheni.
_Teme per la propria vita? Vedo delle guardie del corpo.
Ci sono delle guardie del corpo qui?
_Non so, vedo tre tipi da questa parte…
Quelli sono il mio istruttore e il mio assistente. Forse il Festival sa qualcosa che io non so. Bisognerebbe domandare a loro se hanno ricevuto minacce. Io non ho paura di nulla. Dovrei? Certo sarebbe un grande scoop mediatico se… Ve li immaginate i titoli e le dichiarazioni:
“Alla conferenza di Cannes aveva dichiarato di non temere per la propria persona!”
“Io c’ero, era così allegro e invece adesso…”
_Cosa avrebbe fatto lei al posto di Bush l’11 settembre.
Se posso permettermi di modificare la domanda, sarebbe meglio chiedermi cosa avrei fatto il 10 settembre, o agosto, o luglio, etc. Abbiamo avuto un presidente addormentato al volante e un procuratore generale, John Ashcroft, che ha detto al direttore dell’FBI di non voler più sentire parlare di attentati terroristici. Questo era l’atteggiamento dell’amministrazione Bush.
Se sei il comandante in capo, la prima cosa che devi fare per proteggere la popolazione è prestare un po’ più di attenzione a quanto succede. Magari, avere anche un incontro con il tuo capo dell’antiterrorismo, forse anche due, nei primi 8 mesi di presidenza. Dopo l’11 settembre avrei ricercato i colpevoli dell’uccisione di quasi 3000 persone per assicurarli alla giustizia. Questo non è accaduto. Richard Clarke dice che tutto questo è solo una sorta di gioco, una finzione. C’erano più poliziotti a Manhattan che soldati in Afganistan a dare la caccia a Bin Laden. Queste sono le domande che i giornalisti devono porre. Perché hanno trattenuto le forze speciali per due mesi prima di penetrare nel territorio controllato da Bin Laden? Perché non è stato fatto un serio tentativo di catturarlo? Cosa sta succedendo? Domande che spero chi vedrà il mio film inizierà a porsi.
_Lei ci mostra Bush che legge un libro per bambini a scuola mentre le Torri vengono attaccate. Come ha ottenuto queste immagini?
C’era di giornalisti nella classe durante quei momenti decisivi, quindi si erano viste foto e qualcuno ha riportato la notizia. Abbiamo chiamato le insegnanti della scuola pensando che avessero ripreso la visita del presidente. In effetti la nostra intuizione era giusta. Erano sorpresi che nessuno ci avesse pensato prima e così ci hanno dato il video.
_Cosa leggeva Bush?
“My Pet Goat” (la mia capretta, n.d.r.).
_Proporrà una visione del film alla Casa Bianca?
Mi farebbe molto piacere che il mio film venisse proiettato alla Casa Bianca. Cercherei di esserci e mi comporterei bene. Dopo tutto, il cugino di Bush è stato l’operatore di “Roger & Me” e Bush Sr. quando era alla Casa Bianca ha voluto vedere il film a Camp David. Il giovane Bush era presente, ma io non sono stato invitato. Spero che si possa fare lo stesso anche con questo mio ultimo film.
_Pensa che i talk show popolari la inviteranno a parlare del film?
Sì, penso che mi inviteranno, Anzi, penso che sia più facile che mi invitino a questi show piuttosto che fare un’intervista su un quotidiano.
_Se non trova un distributore cinematografico potrebbe considerare un’uscita televisiva, magari PBS, o HBO? Forse potrebbe raggiungere più persone in questo modo.
No, non voglio che questo film venga visto in televisione. L’ho fatto perché fosse visto al cinema, perché penso che la visione televisiva sia un’attività passiva che non incoraggia le persone ad essere attive. Andare al cinema significa uscire di casa, pagare una baby-sitter, entrare in sala e sedere in una fila tra tanti sconosciuti con cui si condividerà un’esperienza comune, fatta di risate o commozione. Se riuscissimo a portare le persone a vedere questo film, uscirebbero dal cinema più disposte ad agire che se fossero state davanti alla TV, comodamente sedute sul divano a bere birra. Non sono un grande fan della messa in onda di questo genere di film, anche se forse non è logico.
_Mi può parlare di Lila, di come l’ha trovata, di come è diventata una parte così importante del film e di come sta adesso.
Dopo i primi tre e quattro mesi di guerra mi sono reso conto che solo nella zona di Flint c’erano almeno quattro o cinque ragazzi caduti in Iraq. Questo dato, che ho appreso semplicemente leggendo i giornali locali, mi ha stupito perché i caduti americani all’epoca erano 100 o 200 al massimo e, in rapporto alla popolazione locale, l’incidenza era maggiore di quella nazionale. Se ogni contea avesse contribuito con lo stesso numero di caduti, il conto dei morti sarebbe stato nell’ordine delle migliaia. Mi sono posto la domanda:
“Perché proprio Flint? Perché Flint deve pagare un prezzo così alto?”
Così abbiamo contattato le famiglie dei caduti. Le prime tre famiglie avevano cambiato atteggiamento verso la guerra e verso Bush. Era una percentuale interessante. Tre su tre adesso si opponevano alla guerra. Così mi sono messo a pensare che se questo era vero a livello locale, chissà cosa era successo a livello nazionale. Perché non si vedono e non si sentono parlare le famiglie che hanno perso i loro cari in Iraq?
Lila l’abbiamo trovata così, semplicemente chiamandola al telefono. Come si vede nel film, Lila sta diventando giorno dopo giorno sempre più politicizzata, adesso è coinvolta in un gruppo nazionale, Military Families Speak Out Against the War (Famiglie dei soldati parlano contro la guerra, n.d.r.) e credo che ne sentiremo parlare ancora. Queste persone hanno sublimato il dolore e la rabbia in qualcosa di positivo....
Se sei abbonato inserisci username e password per entrare
Se vuoi abbonarti ora clicca qui
Se vuoi conoscerci meglio clicca qui
Con l'abbonamento avrai accesso a tutte le informazioni della nostra redazione. Indirizzi email, telefoni, siti internet, film in preparazione ed in sviluppo, calendari di appuntamenti professionali, notizie ed articoli utili a te che lavori nel Cinema e che fai dell'informazione il motore della tua professione. Un piccolo prezzo per sostenere un grande lavoro per voi.
Scheda Film
-
FAHRENHEIT 9/11
Contenuto riservato agli abbonati



