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Perché gli orologi di Enrico IV indicano le 8:55? Come mai Marco Bellocchio mette in scena se stessncono le parti che vogliono illustrare il successo del musicista al concerto. La seconda parte, con il ritorno al castello e l’adulterio ha assai buoni argomenti e Lattuada, al contrario di Zuccoli, tratta con molta serietà il problema del peccato» (Moravia).

ore 19.00 Il bandito di Alberto Lattuada (1946, 84’)
«Reduce dalla prigionia in Germania, Ernesto arriva a Torino, uccide lo sfruttatore della sorella, diventa capo di una banda e muore in uno scontro con la polizia. Film neorealista sui generis: il suo neorealismo è tutto nella prima, suggestiva sequenza, ma poi si trasforma in una gangster story di modello americano sulla quale il regista innesta la sua cultura cinematografica. […] A. Nazzari vinse il Nastro d’argento come miglior attore» (Morandini).

Ore 20.45 Il delitto di Giovanni Episcopo di Alberto Lattuada (1947, 92’) «Il protagonista, che narra di sé in prima persona, è un impiegato dell’Archivio di Stato, un tipo dostoevskiano di “umiliato e offeso”, succube di un uomo prepotente e sanguigno, un certo Wanzer che vive di espedienti e di cui egli ha sposato l’amante Ginevra. A Ginevra lo lega una sensualità avvilente e miserabile, avendo per unico bene lo struggente amore per il figlio Ciro, decenne» (Cosulich).

Sabato 15 novembre

ore 17.00 Senza pietà di Alberto Lattuada (1948, 90’)
«L’ambiente delle donne costrette dalla miseria alla crudeltà e all’amarezza del commercio con i soldati stranieri, e quello degli speculatori trafficanti, riprodotti senza compiacimenti di effetti facili, inquadrano la vicenda candida di un negro e di una ragazza: non c’è vizio ma dolore, non abbruttimento ma coscienza, e in tutti un’ansia di liberazione e di purificazione, fuorché nei loschi affaristi solo intenti al denaro, al loro mestiere di sciacalli mai sazi» (Valori).

Ore 19.00 Il mulino del Po di Alberto Lattuada (1949, 104’) «Tratto dal terzo volume del romanzo di Riccardo Bacchelli, Il mulino del Po è un film corale, in cui i personaggi di primo piano vengono sommersi dalla folla, dalla vasta corrente del fiume, dall’accaldata pianura ferrarese. Lattuada vi racconta la storia d’amore della mugnaia Berta Saraceni e del contadino Orbino Verginesi; ma principalmente racconta un brano di storia della pianura padana, la nascita del socialismo in una zona che ancor oggi ospita le più accanite lotte di fazioni. I contadini scoprono per la prima volta la forza della solidarietà, e collaudano con lo sciopero tale forza ancora incerta, per opporsi al dispotismo del padrone» (Baracco).

Omaggio a Abbas Kiarostami

ore 21.00 Incontro con Bahman Maghsoudlou moderato da Donatello Fumarola

a seguire Abbas Kiarostami: A Report di Bahman Maghsoudlou (2013, 88’)
Un’analisi dell’etica dello sguardo di Abbas Kiarostami, attraverso i suoi primi lavori, inclusi il suo primo corto (Bread & Alley, 1970) e soprattutto la sua opera d’esordio, The Report. Questo primo esempio della filmografia di Kiarostami ci mostra dall’interno la sua poetica, tutta umanistica, unendo cioè racconto allegorico con cifre stilistiche più legate al documentario, alla presa sul reale, grazie a una sensibilità neorealista, arrivando così a esplorare la reale natura ontologica del film come finzione. Questa etica ed estetica del cinema di Kiarostami è presente in ogni suo film, fino ai recenti Copia conforme (2010), Qualcuno da amare (2012). Abbas Kiarostami: A Report è un vero e proprio atto d’amore per il cinema di Kiarostami da parte del critico e produttore Bahman Maghsoudlou, con interviste a critici e storici del cinema, fra i quali Andrew Sarris. Ingresso gratuito - Versione originale con sottotitoli in inglese

domenica 16 novembre

ore 17.00 Luci del varietà di Federico Fellini, Alberto Lattuada (1950, 98’)
«Il capo di una compagnia di guitti (Peppino De Filippo) che presenta la sua scalcinata rivista in meschini teatri di provincia, inganna un’innamorata (Giulietta Masina) con una fresca campagnola (Carla Del Poggio) che l’abbandona per un impresario (Folco Lulli). Più che di Lattuada, il film reca l’impronta di Fellini. Già si avverte il suo “universo”, la divertita tenerezza, la tristezza ironica, il gusto per il barocco, l’amore per il povero mondo dei “guitti”» (Sadoul).

Ore 19.00 Anna di Alberto Lattuada (1951, 107’)
«Anna è una sirena di locali notturni, è l’amante del barista (Vittorio Gassman), cui ella soggiace con l’oscura impressione d’una degradazione e d’una colpa, come al vizio d’una droga. Si innamora di lei un giovane signore di campagna (Raf Vallone) in cui ella intuisce che cosa può essere il compagno ed amico di tutta una vita. Finirebbe col consentire a sposarlo, e gli si presenta in casa dopo aver attinto ancora una volta all’uomo che la domina in ogni fibra, se non che, alla vigilia delle nozze, un incontro fra l’amante e il fidanzato si conclude in una tragedia» (Alvaro).

Ore 21.00 La tempesta di Alberto Lattuada (1958, 122’)
«Un cadetto della zarina Caterina II si presenta ubriaco fradicio al cospetto di lei. Viene allontanato per punizione e, per avventura, salva da sicuro assideramento l’indomito Pugaceev, cosacco che diverrà protagonista di una prodigiosa ribellione. […] Il massimo incasso della stagione 1957-58. Dice lo stesso regista: “È un film popolare ma anche una lezione di storia”» (Sesti)....

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