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"Sono particolarmente contento quest’anno di poter dedicare la XIX edizione del Roma Film Festival tte nani fu il punto di partenza per la storia» (Argento).

ore 21.00 Inferno di Dario Argento (1980, 107’)
L’inferno argentiano: “tre madri” nascoste nei sotterranei di tre palazzi a Roma, New York, Friburgo, costruiti per loro da un architetto-alchimista, autore di un libro maledetto. «È una storia che si ispira all’alchimia moderna, alchimia di oggi, alchimia dei nostri giorni. Il mio film vuole esplorare e trovare le chiavi dei grandi segreti della vita e della morte» (Argento).

giovedì 18 dicembre
ore 17.00 Tenebre di Dario Argento (1982, 101’)
Uno scrittore americano di polizieschi, venuto a Roma per presentare il suo ultimo libro, si trova invischiato in un giallo. «La trovata di Argento, che si è scritto il soggetto e la sceneggiatura da solo, è questa: a metà del film viene ucciso anche l’assassino! Ma chi ha ucciso allora l’assassino? E perché i delitti continuano a ripetersi? Questo risvolto esce un po’ dalla norma del giallo, così come il convulso finale» (Cosulich). «Ho lavorato con il nostro grande direttore della fotografia Luciano Tovoli: abbiamo voluto una luce metallica, solare in una Roma moderna d’acciaio e cemento, per nulla barocca o decadente. La nostra è una Roma cattiva, con una luce fredda e totale contrapposta alle tenebre dell’anima, della mente. La città diventa un puzzle di immagini» (Argento).

ore 19.00 Phenomena di Dario Argento (1985, 109’)
«C’è una sperduta regione della Svizzera infestata da un pazzo che da anni va assassinando fanciulle trafugandone il corpo. C’è un collegio femminile dove arriva fresca fresca la protagonista, con il suo sonnambulismo e la sua misteriosa capacità di comunicare con gli insetti. C’è un entomologo paralitico (Donald Pleasence) con scimmietta-infermiera (determinante, come gli insetti, nella soluzione della vicenda). E soprattutto ci sono una serie di orrori insostenibili» (Ferzetti). «A sensazione, a pelle, in Phenomena ci trovo tante cose mie. Tanto mio cinema. Ma anche tante storie private. Tanti personaggi che ho conosciuto, che ho amato, che mi hanno amato, cui ho fatto del bene, che mi hanno fatto del male, che ho aiutato, che mi hanno tradito, che non conosco, che non conoscerò mai. Per me, samurai, è stato come un viaggio mistico quindi, quasi religioso, tra bellezze ed orrori, tra sensazioni tenere e terribili» (Argento).


Fantafestival presenta: Tutto quel blu

Più nero del nero. Più rosso del rosso. Più blu del blu. Cristiana Astori prosegue nei suoi gialli cinefili e “cinetecari”, basati su rulli mancanti di misteriosi film, enigmatici collezionisti di pellicole rare, strani riti esoterici, storie maledette di attori e registi del bel tempo che fu, terribili omicidi che emulano quelli sul grande schermo. Tra cinema e vita il confine è sottile come la lama di un coltello. È la morte ad abbattere ogni tipo di soglia. Scrittrice e traduttrice, ha pubblicato per il Giallo Mondadori il romanzo Tutto quel nero, seguito nel 2012 da Tutto quel rosso (Giallo Mondadori) e dall’ebook Il buono, il bruto e la bionda (Milano Nera). Nel 2013 sul Dylan Dog Color Fest n. 11 esce la sua storia Per il verso sbagliato. Ha tradotto autori come Jeffery Deaver, Douglas Preston, Richard Stark e il ciclo di Dexter di Jeff Lindsay che ha ispirato l’omonima serie tv. La sua antologia Il Re dei topi e altre favole oscure (Alacran, 2006) è il primo libro italiano a cui J. R. Lansdale abbia dedicato una frase di lancio. Jess Franco, Soledad Miranda, Dario Argento sono attori “involontari” dei suoi gialli e non poteva mancare per chiudere la trilogia Tutto quel blu (Giallo Mondadori, dicembre 2014), dedicato a un altro film scomparso, L’autuomo (1984), di un misterioso regista, Marco Masi. Ma come in un giallo a scatole cinesi durante la presentazione di Tutto quel blu, riappariranno L’autuomo insieme al regista. Più vero del vero. Più falso del falso. Più giallo del giallo.

ore 21.00 incontro con Cristiana Astori, Marco Masi, Adriano Pintaldi, Alberto Ravaioli - moderato da Steve Della Casa
nel corso dell’incontro sarà presentato il libro di Cristiana Astori Tutto quel blu

a seguire L’autuomo di Marco Masi (1984)
«In seguito ad una conferenza stampa, ove viene presentato al pubblico il prototipo degli Androidi “Drusilla”, Abele comprende una grande verità: è inutile che gli uomini si affannino a costruire, progettare, immettere nel mondo dei consumi gli automi. Essi esistono già da più di mille anni: gli stessi uomini sono delle macchine!» (Anica). «Il film, citato erroneamente in qualche catalogo come L’autonomo, risulta inedito» (Poppi).
Ingresso gratuito

venerdì 19 dicembre

ore 17.00 Opera di Dario Argento (1987, 105’)
«Si comincia con il Macbeth di Verdi e con la curiosa diceria, diffusa degli ambienti lirici, che porti sfortuna. Durante le prove, infatti, il soprano ha un incidente d’auto, così, quasi alla vigilia di andare in scena, lo sostituisce una giovanissima collega, Betty, ancora agli esordi. Questa Betty, però ha un amichetto e la sera stessa della prima, che per lei è stata un vero trionfo, un individuo mascherato lo uccide selvaggiamente di fronte a lei, dopo averla legata e dopo averla obbligata, con dei punteruoli sotto gli occhi, a vedere fino in fondo l’orribile scena. Siamo agli inizi» (Rondi). «I corvi scritturati per il mio film Opera [...] sono stati bravissimi. Non soltanto si sono dimostrati “gli attori” migliori del cast, ma a un certo punto hanno anche organizzato un ammutinamento contro il regista e il sottoscritto si è ritrovato ferito alla bocca e «beccato» in più parti del corpo. Però avevano ragione loro: avevo chiesto troppo alle loro forze sia pure nel rispetto degli animali, da me sempre dimostrato sui miei set con vermi, mosche, topi, lumache, ragni africani & C. Così i corvi si sono ribellati: certo qualche corvo imperiale, nell’alto dei cieli, doveva aver raccontato loro la trama e le vendette degli Uccelli di Hitchcock!» (Argento).

ore 19.00 Il gatto nero di Dario Argento (ep. di Due occhi diabolici, 1990, 40’)
«L’ossessione d’un fotografo di cronaca nera (ancora di Pittsburgh), tale Rod che di cognome, vedi caso, si chiama Usher, perseguitato dallo sguardo d’una gatta in cui legge una demoniaca aggressività. […] Fedele alla propria vocazione, Dario Argento manovra la follia e il delirio con una forte fantasia visiva […], e amministra gli effetti in modo giudizioso. N’esce un racconto, interpretato efficacemente da Harvey Keitel e Madeleine Potter, dove l’alcool alimenta il sadismo in un universo di perverse fascinazioni, avvicinato abilmente alla realtà da potenti temporali» (Grazzini). «Sono andato a Baltimora […] e nel piccolo, segreto giardino di una chiesa gotica ho trovato non una, ma due tombe del mio sventurato, nevrotico e miserabile amico [Edgar Allan Poe, n.d.r.] senza un penny, che resta a mio parere il più grande romantico della sofferenza umana e della paura. Così ho deciso di girare un piccolo film nel film per i titoli di testa e ho fermato l’occhio della mia un po’ perversa cinepresa sulla prima tomba di Poe, che è completamente coperta da pennies di “copper” (rame) perché i suoi estimatori continuano a fare per lui una povera colletta» (Argento).

ore 20.00 Trauma di Dario Argento (1993, 110’)
Una ragazza anoressica, figlia di romeni immigrati in America, scappa dalla clinica psichiatrica a Minneapolis, mentre la città è sconvolta da una serie di delitti a catena. «In origine il film (soggetto Argento più T. E. D. Klein) s’intitolava L’enigma di Aura, più adatto allo spunto poco sviluppato, purtroppo, della piccola anoressica. Ma alla fine, quando scorrono i titoli di coda, corre un brivido sullo schermo alla carrellata su scheletriche teen-ager danzanti per le strade di Minneapolis (“ne muoiono a migliaia”) popolazione di zombie, che rifiutano un’identità sessuale deformata e la mistica della maternità, all’origine, vedrete di ogni efferate delitto». «Mentre giravo in America Due occhi diabolici, tre anni fa, scrissi un breve racconto intitolato L’enigma di Aura. Poi, mano a mano è nata la sceneggiatura. Ma non parla solo di amore: ci sono dentro la famiglia come luogo di disagio e malattia, il tema dell’emarginazione, le capacità medianiche, i disturbi psichici…» (Argento).

sabato 20 dicembre

ore 17.00 La sindrome di Stendhal di Dario Argento (1996, 119’)
«È bellissima l’intuizione del soggetto, firmato da Dario Argento e Franco Ferrini: una specie di fermentazione diabolica dell’interessante e poco frequentato saggio di Graziella Magherini [...] che esplora in tutte le sue connessioni il quadro clinico della cosiddetta “sindrome di Stendhal”. […] Lo stordimento provocato dall’arte – soprattutto in relazione agli episodi di sofferenza mentale riscontrati nei turisti moderni, così in balia di emozioni precarie ed irregolari – è un geniale pretesto per l’atteso ritorno di Argento, cineasta prestidigitatore di inconsci [...] a lungo snobbato dalla mezzacultura cineclubistica» (Caprara). «I colori della paura. Il rosso e nero. E l’Argento. Ossia: Stendhal (e non solo come “sindrome”) e l’arte, l’arte come vertigine estetica (estatica), la vertigine come provocazione cinematografica, il cinema come manifestazione del turbamento sensuale (e spirituale), l’eros come devianza. La sindrome di Stendhal – un ritorno alla classicità dopo la fase gore – è un’opera auto-riflessiva, minimalista e, in un certo senso, teorica. L’assassino è subito svelato, la suspense azzerata ai minimi termini, la densità d’orrore lungi dall’accumularsi spasmodicamente. [...] Mai come ne La sindrome, Argento riflette sui meccanismi del cinema come arte della rappresentazione» (Bo).

ore 19.15 Il fantasma dell’opera di Dario Argento (1998, 106’)
«Come ognun sa la storia è quella dell’amore folle del Fantasma, salvato dalle acque da una tribù di topi e cresciuto nei sotterranei del teatro lirico di Parigi, per la giovane cantante Christine: amore deluso e tradito, che produce nel Fantasma un furore vendicativo e omicida. Ma l’Argento postmoderno si limita a usare la trama come riferimento, citandola, sottintendendola quasi, per concentrarsi sulla proliferazione visiva che l’occasione gli offre» (Nepoti). «Il film è una storia d’amore nera, con Christine divisa tra il richiamo e il cupo del Fantasma e il rapporto rassicurante con il giovane barone. Sono contento di aver recuperato un altro elemento, l’ironia, è grottesco l’ambiente dell’opera o la vicenda della soprano Nadia Rinaldi. C’era ironia nei miei primi film, fino al ’74/’75, e poi l’ho persa, le storie sono diventate più furiose, incanaglite. In quegli anni guardandosi intorno c’era ben poco da ridere, ma mi dispiaceva, perché a me piace molto ridere» (Argento).

ore 21.10 Non ho sonno di Dario Argento (2001, 117’)
«Stefano Dionisi, tormentato dalla morte della madre proprio come l’alter ego romanzesco del geniale giallista Ellroy, s’allea con l’insonne e smemorato commissario in pensione Max Von Sydow per scavare nei labirinti del male, ricomporre le tessere del mistero e inchiodare l’assassino tornato furiosamente all’opera. Le stravaganti incongruenze drammaturgiche diventano così peculiarità espressiva, astrazione iconografica o, meglio, vere e proprie amnesie che s’incastonano in un’abissale sinfonia del crimine in cui contano infinitamente di più le carrellate acrobatiche, la decapitazione di un cigno, il rantolo di un asmatico, l’incubo antico dell’annegamento...» (Caprara). «In Non ho sonno viene rappresentato questo contrasto tra il giovane, calcolato e razionale, e il vecchio, pensieroso e pieno di fantasia; l’anziano commissario, diversamente dal più giovane collega, esamina attentamente anche le contraddizioni del linguaggio, i molti segnali lasciati inavvertitamente dall’assassino. Non ho sonno è così la storia di una doppia indagine che viaggia in parallelo» (Argento).

domenica 21 dicembre

ore 17.00 Suspiria di Dario Argento (replica)

ore 19.00 Inferno di Dario Argento (replica)

ore 21.00 La terza madre di Dario Argento (2007, 95’)
«La scena si apre sul cimitero di Viterbo, su uno scavo, sul ritrovamento di una antica tomba e di un’urna. Un prete, una studiosa, una giovane ricercatrice (Sarah-Asia Argento), pagheranno ovviamente per la loro curiosità. A fare le spese del dissotterramento però non sono solo singoli, ma un’intera città, Roma, improvvisamente invasa da un nugolo di streghe pronte a far capitolare la caput mundi per la seconda volta. Questa la scarna, ma rigorosa trama de La terza madre. Gli elementi che gli appassionati del genere horror amano, ci sono tutti o quasi, enfatizzati dalla musica (anche questa scontata, nel miglior senso del termine. Firmata Simonetti). Elementi a cui Argento aggiunge – coadiuvato pesantemente da due giovani sceneggiatori americani del genere zombie – una quantità insolita e appetitosa di morti splatter (alcune magistralmente realizzate negli effetti dal solito Stivaletti), un coté stregonesco a tinte darkpunk (la cosa meno riuscita del film, peccato), la scelta di una Roma più gotica che barocca, truculenta quanto tristemente verosimile nella sua violenza che le streghe diffondono come peste» (Ronconi)....

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